Poesie sulla primavera di autori famosi

6 poesie sulla primavera di autori famosi

Arriva la primavera e la natura rinasce. E anche noi con essa. Le poesie sulla primavera di autori famosi spesso mettono in relazione questi due aspetti, soffermandosi sulla vita che torna rigogliosa e dirompente dopo il grigiore autunnale e invernale.

La primavera, come anche l’autunno, è una stagione di attesa, di passaggio. Forse è proprio in questo suo aspetto che risiede la bellezza di un periodo dell’anno tanto cantato dai poeti e tanto atteso da tutti: è come vivere tra il già della spensieratezza delle lunghe giornate estive e il non ancora di questi momenti che sembrano tardare ad arrivare.

Le più belle poesie sulla primavera di autori famosi

Per celebrare l’inizio di questa stagione, vi proponiamo alcune poesie sulla primavera di autori famosi di ogni tempo.

Saffo

Splendide le parole della poetessa Saffo (VII-VI secolo a.C.).

Stormiscono le fronde e ne discende
un molle sonno
e di fiori di loto come a festa
fiorito è il prato,
esalano gli aneti
sapore di miele.

Aspetta ‘a primavera, di Salvatore Di Giacomo

Tra le poesie sulla primavera di autori famosi segnaliamo quella di Salvatore Di Giacomo (1860-1934). Egli narra questa stagione, che, a suo dire, sembra essere giunta per tutti, ma non per il poeta che anela l’autunno con le sue foglie cadenti e il suo silenzio che tutto avvolge. Il titolo della poesia è Aspetta ‘a primavera.

Aspetta ca stu velo
scuro d’ ‘o vierno nu’ se vede cchiù.
Aspetta. Aspetta
na iurnata sincera,
n’ at’ aria, n’ ata luce n’ ato cielo…
(E ‘a bella primavera
addurosa, è bbenuta –
ma pe tant’ ata gente e no’ p emme.
E, ‘o ssoleto, è passata,
fresca, priata,
allerta –
e fermata nun s’è: se n’è fuiuta…)
Està, c’ adduorme – afosa,
abbagliante, pesante,
che martirio che si’!
Venesse autunno!
E cadessero ‘e ffronne,
lentamente,
nziemm’ ‘o silenzio suio,
ncopp’ a stu munno…
(Ma che buo’? Ma che guarde,
tanto lontanamente,
anema mia scuieta?
Che desidere cchiù,
si è troppo tarde?…)

Primo omaggio primaverile, di Jean de la Ville de Mirmont

La gioia per la rinascita della primavera dopo l’inverno è cantata dal poeta francese Jean de la Ville de Mirmont (1886-1914). Nell’attesa che il risveglio della natura sia effettivo e l’inverno diventi veramente un ricordo, gustiamo le parole della poesia Primo omaggio primaverile.

Per tanti giorni ha piovuto!
Tuttavia, ecco che rinasce
primavera, come non la si vedeva
se non, dolce amore, nelle tue romanze…
Addio tossi e starnuti!
Inverno, addio, stagione brutale!
Quest’è davvero l’ultima occasione
d’avere un’anima sentimentale!
Come non posso – strascicando i piedi,
e mordicchiando la mia sigaretta –
non cogliere per te, lungo i sentieri,
dei grandi mazzi di margheritine?

Primavera, di Cesare Pavese

Cesare Pavese (1908-1950) parla della primavera personificando le strade e i fiori.

Sarà un volto chiaro.
S’apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra…

I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite:
le scale le terrazze le rondini
canteranno nel sole.

S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa voce
che salirà le tue scale.

Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu – ferma e chiara.

Due poesie sulla primavera di David Maria Turoldo

Concludiamo questa rassegna di poesie sulla primavera di autori famosi con due testi di padre David Maria Turoldo (1916-1992).

In attesa

Nella prima, dal titolo In attesa, afferma di sentirsi come un tino bollente di mosto, lieto dopo la vendemmia: è quel senso di attesa che sembra permeare ogni giorno della primavera. E anche l’idea che con la primavera si renda necessaria una potatura, intesa come distacco da tutte le pesantezze che l’inverno porta con sé, rientra in questo gioco di attese.

Amici, mi sento
un tino bollente
di mosto dopo
felice vendemmia:
in attesa del travaso.
Già potata è la vite
per nuova primavera.

Mio emigrare

In Mio emigrare il poeta si sofferma su quella nostalgia dell’infinito che a volte prende tutti noi. Il grido di una rondine che sfreccia nel cielo è un richiamo a qualcos’altro, che Turoldo chiama agostinianamente infinita Bellezza, ed è anche l’immagine plastica un profondo desiderio dell’emigrare che, dalla notte dei tempi, accompagna gli uomini e le donne nel loro cammino su questa terra.

Certo: bellezza m’incanta
e innamora e inni
dolcissimi comporre
vorrei a un fiore, alla viola
che spunta e ammicca
al sole mite
di primavere, quando
il richiamo di te, infinita
Bellezza, rompa il canto
e tutto, tutto
si scolora:
allora
anche la rondine
che già saetta intorno
alla torre, ebbra
di gridi e sempre
più alta, immagine è
del mio emigrare…

Foto | Aaron Burden via Unsplash

Roberto Russo

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