L’albatros, poesia di Charles Baudelaire
L’albatros, poesia di Charles Baudelaire

L’albatros, poesia di Charles Baudelaire

L’albatro (o albatros) è il titolo di una poesia di Charles Baudelaire (1821-1867), pubblicata all’interno della raccolta I fiori del male: è la seconda poesia della raccolta (prima edizione: 1857) e si trova nella prima delle sei sezioni in cui è divisa l’opera e che ha per titolo Spleen et Idéal.

Il titolo della poesia deriva dal nome dell’uccello marino albatros che, come ricorda la Treccani:

“È bianco con remiganti brune. L’apertura alare di 3,6 m è la maggiore fra tutti gli uccelli. Sfruttando le correnti ascensionali mantiene un volo planato ininterrotto e percorre enormi distanze sull’oceano. Abita la fascia circumpolare antartica”.

L’albatros: testo francese e traduzioni italiane

Dal punto di vista metrico L’albatros è una poesia composta da quartine con versi a rime alternate. Naturalmente la scansione metrica si apprezza meglio nell’originale francese, che è il seguente:

Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.

À peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.

Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!

Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.

Due traduzioni italiane della poesia L’albatros

In italiano due sono le traduzioni principali della poesia L’albatros di Charles Baudelaire. La prima è di Giovanni Raboni per Mondadori:

Spesso, per divertirsi, i marinai
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari.

L’hanno appena posato sulla tolda
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé strascina
come fossero remi le grandi ali bianche.

Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!

Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali di gigante.

L’altra è di Antonio Prete per Feltrinelli:

Spesso, per divertirsi, uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, vasti uccelli dei mari,
che seguono, compagni indolenti di viaggio,
il solco della nave sopra gli abissi amari.

Li hanno appena posati sopra i legni dei ponti,
ed ecco quei sovrani dell’azzurro, impacciati,
le bianche e grandi ali ora penosamente
come fossero remi strascinare affannati.

L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco,
lui prima così bello com’è ridicolo ora!
C’è uno che gli afferra con una pipa il becco,
c’è un altro che mima lo storpio che non vola.

Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.

L’albatros di Charles Baudelaire: un commento

La spiegazione della poesia è indicata da Baudelaire stesso nell’ultima strofa: il poeta somiglia all’albatros perché spesso è oggetto di scherni per il suo modo peculiare di vedere il mondo. La composizione di Charles Baudelaire ci rimanda a una visione del vivere aspra e complessa, ma solo fino a quando si resta schiacciati dal peso della condizione umana. L’albatros è un volatile apparentemente grossolano e goffo finché non riesce a spiegare le sua enormi ali: allora con un’abilità che gli è innata, riesce a sfruttare i forti venti e le tempeste per scivolare in alto e avere una prospettiva diversa della vita e della realtà, meno stringente e più vasta.

Siamo un po’ tutti degli albatri finché non ci è data l’opportunità di scoprire il potere delle ali e la capacità di lasciarsi andare alla fluidità del vento.

Foto | Pixabay

Roberto Russo

Roberto Russo

Roberto Russo è nato a Roma e vive a Perugia. Dottore in letteratura cristiana antica greca e latina, è appassionato del profeta Elia. Segue due motti: «Nulla che sia umano mi è estraneo» (Terenzio) e «Ogni volta che sono stato tra gli uomini sono tornato meno uomo» (Tommaso da Kempis). In questa tensione si dilania la sua vita. Tra le altre cose, collabora con alcune testate online, è editore della Graphe.it, e tanto tempo fa ha pubblicato un racconto con Mondadori.

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