
«Emma, 1876» di Gore Vidal
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«Emma, 1876» è un grande e affascinate affresco di un anno che lo stesso Gore Vidal definì il punto più basso mai raggiunto dagli Stati Uniti.
Gore Vidal, Emma, 1876
La storia americana è la grande, indiscussa protagonista di Emma, 1876. Il terzo romanzo storico di Gore Vidal, pubblicato di recente dalla Fazi nella collana Le strade, ci porta fin dalle prime pagine in un’America arrivista, interamente posseduta dal demone del denaro, dove la politica è biecamente sinonimo di doppiezza e corruzione (da fare quasi impallidire quella di casa nostra).
Emma, 1876
Eventi e personaggi (il quadro è ampio e mosso) tutti sagacemente raccolti e raccontati dallo sguardo e dalla penna di Charles Schermerhorn Schuyler, celebre giornalista che, dopo svariati decenni passati in Europa, rientra negli Stati Uniti nella speranza di rimpinguare il proprio dissestato patrimonio, ritornare velocemente nel vecchio continente (magari con qualche nuovo incarico diplomatico) e trovare possibilmente un buon partito per la figlia, la bellissima Emma, vedova senza il becco di un quattrino del principe d’Agrigente, un bon vivant dedito al gioco e allo sperpero.
Il fascino e l’eleganza aristocratica di Emma, ex dama di compagnia dell’imperatrice Eugenia, conquistano in un batter di ciglia la schizzinosa alta società d’oltreoceano, mentre il padre, tra un articolo e l’altro (sempre profumatamente pagato), si schiera con Samuel J. Tilden, candidato democratico alla presidenza del Paese.
Un grande affresco
Un affresco di larghe proporzioni, dove le vicende personali si intrecciano con quelle pubbliche, dove l’America ci mostra un volto dal drammatico e a tratti insostenibile chiaroscuro. Non per nulla lo stesso Gore Vidal definì il 1876 il punto più basso di tutta la storia degli Stati Uniti. Leggere per credere.