Giovannino Guareschi (1908-1968)

Giovannino Guareschi, lo scrittore italiano più tradotto al mondo

Giovannino Guareschi, classe 1908, è a oggi lo scrittore italiano più tradotto in assoluto! In tanti lo ricordano in particolar modo per il suo parroco don Camillo e l’antagonista sindaco Peppone, racconti immaginari la cui trasposizione cinematografica continua a divertire ancora oggi.

Chi è stato Giovannino Guareschi

Guareschi fu sempre un uomo dotato di grande autoironia. Trovava divertente l’essere stato in realtà battezzato con il nome Giovannino, vista la sua mole non proprio da persona minuta.

Era nato il 1° maggio, in provincia di Parma, in una frazione di Roccabianca chiamata Fontanelle; in quel luogo di poche anime, sua madre Lina era maestra elementare, e suo padre – Primo Augusto – un commerciante che purtroppo fallì quando, nel 1925, Giovanni frequentava l’università di Parma. Là conobbe il giornalista Cesare Zavattini, con il quale instaurò un duraturo rapporto d’amicizia. Al tempo stava nel convitto Maria Luigia, che in città si preoccupava di dare vitto e alloggio agli studenti universitari in difficoltà economiche, un antico Collegio dei Nobili che dovette suo malgrado lasciare insieme agli studi, per cercarsi un lavoro.

Le prime pubblicazioni di Giovannino Guareschi

Fu correttore di bozze per La Gazzetta di Parma (assunto da Cesare), e sei anni dopo, nel 1931, venne assunto come cronista al Corriere Emiliano. Fu in quel periodo della sua vita, a soli ventitré anni, che cominciò a scrivere e pubblicare – oltre agli articoli – racconti e disegni legati anche alla politica.

Grazie al lavoro più stabile, andò a vivere da solo. Subito dopo iniziò la convivenza con Ennia Pallini, ma in realtà tanta sicurezza crollò dopo il servizio militare. Perse il lavoro per tagli al personale, sebbene sempre grazie a Zavattini non restò disoccupato a lungo. Gli fu offerto di trasferirsi a Milano per lavorare in un giornale umoristico di cui l’amico era direttore. La rivista appena nata, Bertoldo, era edita dalla Rizzoli e Guareschi ne divenne l’illustratore dal 1936. La testata si avvaleva di una ironia pungente, pane per i denti ribelli del giovane il quale già masticava irriverenti e sarcastiche vignette.

La guerra che tutto stravolge

Nonostante il successo e l’ampia tiratura, la rivista chiuse i battenti nel 1943 poiché la sede della Rizzoli fu bombardata e distrutta.

Da quel momento la sua vita fu scossa dalle conseguenze della guerra. Arrestato per aver inveito contro Mussolini, ma anche – in seguito – per essersi rifiutato di collaborare con i nazisti, cominciò a scrivere in modo differente. Di quegli anni La favola di Natale (sogno di libertà in un Natale da prigioniero) e Diario clandestino.

Don Camillo e Peppone

Dopo la guerra Giovannino Guareschi continuò a scrivere per varie testate, riprendendo in mano la sua penna sarcastica e strumento di denuncia. Fu nel 1948 che venne pubblicato il suo primo romanzo, Don Camillo e Peppone, che in realtà si rivelò il primo capitolo di una saga della durata di vent’anni, diventata famosa in tutto il mondo, composta di ben 346 puntate riassunte in cinque film di successo.

Da allora tanti altri successi seguirono le vicende del parroco, ma proseguì nella satira politica utilizzata come denuncia, compiuta da un uomo che amava la monarchia senza nasconderlo, attaccava il partito comunista, dimostrava una grande fede religiosa, e si esponeva ai rischi senza temere le conseguenze.

Fu anche insultato pesantemente da Togliatti, ma reagì prontamente dichiarando di aver da lui ricevuto ciò che riteneva un ambito riconoscimento (il fondatore del Partito Comunista lo aveva definito “l’uomo più cretino del mondo”).

Mai chiedere la grazia: 409 giorni di carcere

Anni dopo, l’instancabile Giovannino Guareschi attaccò anche la Democrazia Cristiana e negli anni ’50 fu accusato da Luigi Einaudi di vilipendio al Capo dello Stato, e ancora di diffamazione da De Gasperi.

409 furono i giorni passati in carcere. Coerente con se stesso non chiese mai la grazia, e può essere considerato il primo giornalista in Italia a scontare l’intera pena da recluso per il reato di diffamazione a mezzo stampa.

Un meraviglioso ingombrante uomo

Nel 1961 fu colpito da infarto, ma proseguì a collaborare con importanti testate fino al 1968, quando il secondo infarto gli fu fatale. Nessun esponente del mondo politico e intellettuale spese una parola gentile per lui; al contrario fu definito uno scrittore mai nato. Soltanto La Gazzetta di Parma gli rese omaggio, attaccando il comportamento di chi definì parte di un’Italia vile e meschina.

Ha lasciato due figli, Alberto e Carlotta, che per una vita intera si sono dedicati a mantenere viva la memoria del papà. Quest’ultima è passata a miglior vita nel 2015, a settantadue anni. Tutti coloro che l’hanno conosciuta hanno visto in lei l’indole ribelle e appassionata del grande Giovannino Guareschi, uno dei più grandi umoristi del ‘900 italiano, padre ingombrante, uomo scomodo e incompreso come tutti coloro che non temono di dire ciò che pensano.

Foto | Di sconosciuto [Public domain o Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Susanna Trossero

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