Mark Twain (1835-1910)
Mark Twain (1835-1910)

Mark Twain, i libri consigliati: non solo Tom e Huckelberry

“Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno”.

Siamo talmente abituati a sentire il nome di Mark Twain che neppure ci preoccupiamo del fatto che fosse un geniale pseudonimo adottato da Samuel Langhorne Clemens, “il più grande scrittore americano”, come lo definiva Hemingway.

Perché geniale? Perché tratto da un’espressione americana slang per indicare la profondità di un fiume, nello specifico il Mississippi che tanta importanza ebbe nella vita e nelle opere dell’autore.

5 libri di Mark Twain che devi proprio leggere

Ma oggi in particolare non vogliamo parlare della sua vita, seppur interessante e avventurosa, ma dei libri consigliati tra quelli della sua consistente produzione e lo facciamo con un obiettivo fondamentale: dimostrare che Mark Twain non è solo un autore per ragazzi.

Tom Sawyer, il capostipite

Nel 1876 esce il romanzo per ragazzi Le avventure di Tom Sawyer, primo di una quadrilogia di cui famosi sono soltanto i primi due volumi.

Ambientato pochi anni prima della guerra di secessione in una cittadina fittizia sulle rive del Mississippi, il romanzo è largamente autobiografico e racconta le vicende del piccolo orfano adottato dalla zia Polly che ne combina di tutti i colori. Dai primi capitoli in cui si presenta il personaggio di Tom e i rapporti con la sua famiglia e gli amici tra cui il fratellastro Sid e la fidanzatina Becky, l’autore passa a narrare eventi che sfociano anche nel drammatico, come nel caso dell’omicidio del medico del paese cui Tom assiste per sbaglio, o quando assieme ai suoi amici resta bloccato per una tempesta nell’isolotto sul fiume di fronte alla cittadina, dove andava a giocare con il resto della banda per fuggire da un mondo fatto dagli adulti con le loro incomprensibili regole.

Huckelberry Finn, il seguito

Il secondo libro della saga, Le avventure di Huckelberry Finn (1884), è altrettanto noto e inizia dove il primo si era interrotto.

Huck, l’amico di Tom, è un orfano abbandonato dal padre ubriacone che vive di espedienti nelle strade della città, almeno finché i ragazzi non trovano il tesoro sull’isola in cui erano naufragati. L’improvvisa ricchezza e le cure della vedova Douglas che lo accoglie in casa, sembrano cambiare in meglio la vita di Huck che però si dimostra sempre un po’ “allergico” alle convenzioni sociali. Sta quasi per abituarsi al nuovo se stesso, quando rispunta fuori il padre, attirato dalla cospicua fortuna del figlio come gli orsi dal miele. Questi intraprende una battaglia legale per la custodia così Huck deve andare a vivere con lui che però è un uomo violento. Un giorno, quindi, il giovane scappa e assieme a Jim, uno schiavo di colore fuggitivo anche lui, inizia a bordo di una zattera un epico viaggio lungo le acque del Mississippi.

Romanzo picaresco e volendo epico insieme, l’opera tratta a lungo uno dei temi più cari di Twain: l’abolizione della schiavitù di cui era fautore e il cui dibattito era al centro delle cronache dell’epoca.

L’ingiustizia sociale in Il principe e il povero

Pur essendo uscito prima delle avventure di Huck, cioè nel 1881, inseriamo come terzo un altro celebre capolavoro di Twain, Il principe e il povero. Il tema, cioè come la famiglia e la società condizionino la vita di ognuno di noi, è certamente argomento dei più attuali ancora oggi, mentre la trama risulta particolarmente interessante e originale per l’epoca perché giocata su uno scambio di ruoli tra Edoardo, figlio del re destinato a ereditare il trono, e Tom, figlio di un criminale, al quale è probabilmente riservata un’esistenza di miserie.

I due, incredibilmente, s’incontrano ed entrambi, stanchi del loro ruolo, approfittando della vicendevole somiglianza, si scambiano la vita, ma inevitabilmente tutto si complicherà da una parte quando Edoardo, coinvolto da una gang criminale, finirà addirittura in prigione mentre Tom, morendo il re, sarà costretto a indossare la corona… una favola molto bella, ricca di spunti di riflessione moderni e buoni sentimenti che farà piacere a tutti rileggere oggi e che ha dato vita a molti prodotti cinematografici di alterne fortune.

Re Artù: un esperimento scientifico-letterario

Nel 1889 Mark Twain dà alle stampe Un americano alla corte di Re Artù, frutto di un’intensa e lunga amicizia con il fisico serbo Nikola Tesla del quale Twain frequentò il laboratorio per diversi anni, accrescendo, così, il suo innato interesse per la scienza.

Il genere è marcatamente fantascientifico e rappresenta una delle prime narrazioni di viaggi nel tempo: il protagonista è un certo Hank, un individuo comune che per una misteriosa “trasmigrazione delle anime” e una altrettanto oscura “trasposizione di epoche e corpi” (parole dello stesso Twain) riesce a viaggiare indietro nel tempo fino a raggiungere l’Inghilterra del Medioevo e a incontrare nientepopodimenoche Re Artù. Qui, grazie alle conoscenze tecnologiche della sua epoca di provenienza, oltre mille anni dopo, sarà considerato un vero e proprio mago…

Lo straniero misterioso: la vergogna di essere uomo

L’opera di Mark Twain, lo dicevamo, è vastissima e mai completamente tradotta in italiano. Da pochi anni, dunque, possiamo godere di questa perla pubblicata postuma nel 1916 e intitolata Lo straniero misterioso, che in realtà pare essere l’unione di quattro stesure differenti e incompiute della medesima storia che l’autore scrisse tra il 1897 e il 1904.

È un romanzo breve ambientato nell’Austria del 1500, che tratta il tema della pochezza dell’essere umano, da collocare non al vertice della scala animale, bensì alla base, capace com’è di far male ai propri simili per il semplice gusto di farlo e non per necessità.

Lucido e mai moralistico, a tratti ironico, con uno dei personaggi che l’autore chiama Satana e al quale attribuisce la curiosa proprietà di predire sì, il futuro, ma limitatamente alle imminenti disgrazie, si tratta di un lavoro perfetto di ricostruzione storica di un mondo, come quello materialista, che l’autore non esita a mettere costantemente in discussione.

“Il paradiso lo preferisco per il clima, l’inferno per la compagnia”.

Foto | sconosciuto [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Roberta Barbi

Roberta Barbi

Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.

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