
La felicità dell’attesa, di Carmine Abate
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Con La felicità dell’attesa Carmine Abate scrive un romanzo denso e coinvolgente che si muove tra l’Italia e gli USA ai tempi dei primi flussi migratori.
È una storia di tre generazioni quella che racconta Carmine Abate nel suo romanzo La felicità dell’attesa. Si parte da Carmine Leto, poi si passa a suo figlio Jon e infine a Carmine, la voce narrante, la terza generazione. Una storia che inizia con il primo Carmine che parte dalla Calabria per l’America nei primi del Novecento, quindi torna in Italia, a Hora in Calabria, con la moglie che ha sposato negli USA. Dal loro matrimonio nascono tre figli – Jon, Leonardo e Franceschina – e il primo parte per di nuovo per gli USA per vendicare il padre che ha trovato la morte in Italia in un brutto modo. Negli USA Jon trova se stesso e anche un grande amore – Marilyn Monroe quando era solo Norma Jeane Mortenson – ed è ricambiato (ma quando Norma Jane lascerà il posto a Marilyn anche il loro amore terminerà). A raccontare la storia è il secondo Carmine, quello dei nostri giorni, in un momento particolare della vita di suo padre Jon e lo fa ricostruendo i ricordi anche grazie al ritrovamento di foto, lettere e frammenti di storie.
Carmine Abate si mostra ancora una volta un maestro nella narrazione di storie che hanno al loro cuore la migrazione: nella Hora letteraria si riconosce la Carfizzi (Crotone) in cui l’autore è nato, già protagonista di altri libri dello scrittore che con La collina del vento ha vinto il Premio Campiello nel 2012.
La felicità dell’attesa è un romanzo che parla di viaggi, di andate e ritorni non solo fisiche ma anche interiori, di convivenza tra i popoli che Carmine Abate rende ancora più affascinante con il ricorso ad espressioni di lingua arbëreshë (parlata dagli albanesi d’Italia a Carfizzi e in altri centri italiani), inglesi, tedesche in un mix che dà vita quasi a una nuova lingua, come anche alla convivenza a integrazione tra persone di varie etnie – non è un caso che tutto abbia inizio dal primo Carmine che sposa Shirley «una giovane donna dalla pelle vellutata, scusa scusa, una montagna di capelli ricciolini, occhi come olive nere al sole, un po’ più alta di lui, che pure non era un cacanèllo, come la maggior parte egli uomini di Hora: “Questa è la muglièra mia. Si chiama Shirley” diceva con orgoglio. “È mericana”». Un romanzo che si apre al futuro con la giovane Lina Leto, figlia della sorella dell’ultimo Carmine, che scegliere di tornare al paesello di Hora, da cui tutti sono partiti, per ritrovare le sue radici.
La spiegazione del titolo del romanzo – La felicità dell’attesa – è splendidamente riassunta nell’esergo di sant’Agostino che apre il libro:
I tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l’attesa.