
Omac 1: Attivato! Quando il remake è da dimenticare
Aspetti positivi
Aspetti negativi
Scarsa fedeltà al personaggio originale, trama grossolana così come anche i disegni fanno sì che il fumetto Omac 1: Attivato! sia da evitare accuratamente.
Oggi parliamo di fumetti d’autore. Per la precisione, di una miniserie pubblicata dalla casa editrice RW Lion lo scorso ottobre, Omac 1: Attivato! originariamente edita negli Stati Uniti dalla D.C. Comics nel 2012. Come fervente ammiratore di Jack “The King” Kirby, grande cartoonist di cui ci siamo occupati anche di recente su queste pagine, ho pensato bene – anzi male, come capirete presto – di acquistarne una copia, dal momento che l’editore nostrano aveva deciso di dare alle stampa l’edizione in un volume antologico da libreria.
Dirò subito che la delusione è stata cocente. Innanzitutto sul fronte della storia. Nel tentativo di operare in qualche modo un ritorno alle origini del personaggio primigenio, Keith Giffen, che pure in passato aveva dato buone prove di sé in altre serie da lui rivisitate, sviluppa una trama confusa e approssimativa, coadiuvato, o meglio aggravato, da un imbarazzante Dan DiDio. Di apprezzabile, al limite, c’è il recupero di certe atmosfere tipiche degli anni ’70, con un’attenzione più incentrata sull’azione che non sulla caratterizzazione dei personaggi.
Molto scadente anche la parte grafica. I disegni si richiamano, questo sì, allo stile di Kirby, ma risultano grossolani e infantili, quasi caricaturali. Si potrebbe dire che ricalcano in peggio lo stile dell’ultimo Kirby, comprensibilmente diverso dai fasti degli anni ’60 e ’70. Sfondi appena abbozzati, anatomie discutibili e una resa dei personaggi femminili a dir poco imbarazzante.
Ridicola poi la nuova incarnazione del protagonista, una sorta di “tecno” Hulk prima maniera, furia devastatrice e niente più, con dialoghi minimalisti “alla mostro verde” appunto. A completare il già avvilente quadro non mancano neppure errori e sviste marchiani, come un cordless che diventa smartphone e poi semplice cellulare a conchiglia nel giro di poche vignette…
A dirla tutta, Keith Giffen mostra di conoscere bene l’universo narrativo creato da Jack Kirby alla D.C. Comics nei primi anni ’70; vi attinge infatti a piene mani, utilizzando personaggi provenienti anche da altre saghe come Kamandi e Superman’s Pal Jimmy Olsen, ma lo fa in maniera raffazzonata, tirata via.
A voler tentare un confronto con analoghe operazioni, appare ben diverso il lavoro svolto da John Byrne, altro gigante del fumetto, da alcuni considerato uno degli eredi artistici di J.K., quando nel 1991 realizzò la miniserie O.M.A.C., una splendida rilettura in chiave moderna del personaggio, tra paradossi temporali e fedeltà assoluta alla matrice del “KIng”.
In conclusione, Omac 1: attivato! è da evitare accuratamente.