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Eudora Welty, una delle scrittrici americane più note

Eudora Welty (1909-2001), uno dei grandi nomi della letteratura d’oltreoceano, fu anche una straordinaria fotografa. Un aspetto forse meno noto del suo talento che tuttavia fu spesso e volentieri la fonte diretta dei suoi racconti, di quelle storie radicate nel profondo sud degli Stati Uniti, raccolte attorno al vasto delta del Mississippi, il grande, lungo fiume che serpeggia ora placido, ora sinistramente goticheggiante dal lontano Missouri fino all’affocata Louisiana.

I libri di Eudora Welty

La penna di Eudora Welty traccia e disegna ogni volta con fonda leggerezza realtà locali tristemente oscurantiste che sembrano inibire ogni gesto, ogni slancio che possa nascere da una sensibilità non allineata, da un cuore giudicato dai più irregolare. Tuttavia nelle sue opere la speranza, l’ottimismo prendono volentieri il sopravvento. L’amore soprattutto diventa strumento di riscatto e di rivalsa.

Romanzi come La figlia dell’ottimista con cui vinse il premio Pulitzer nel 1973 e racconti come Why I live at the Post Office (che prende vita proprio da una fotografia scattata dalla stessa Welty negli anni cupi della Depressione, subito dopo il devastante crollo di Wall Street) mettono in luce un talento non comune, una acuta predisposizione a cogliere la voce nascosta delle cose.

Virtù tutte prontamente individuate dall’occhio vigile di un’altra grande scrittrice americana come Katherine Anne Porter che, dopo aver letto uno dei suoi primi racconti, decise di aiutare questa giovane autrice di belle speranze, scrivendo la postfazione a Una coltre di verde, raccolta di racconti pubblicati nel 1941. Un esordio questo che le aprirà le porte del successo, catapultandola nell’Olimpo delle Lettere d’oltreoceano.

Sulla Welty nel corso degli anni (la scrittrice morirà ultranovantenne) pioveranno meritatamente decine e decine di riconoscimenti nazionali e internazionali, dalla Legion d’honneur in Francia alla Medaglia presidenziale della Libertà, consegnatale dalle mani di Ronald Reagan nel 1981.

La figlia dell’ottimista

Vi lasciamo ora con l’incipit del suo romanzo più noto: La figlia dell’ottimista (pubblicata in Italia da Fazi, con la traduzione di Isabella Zani). Buona lettura.

Un’infermiera tenne aperta la porta per farli entrare. Il giudice McKelva per primo, poi sua figlia Laurel e infine sua moglie Fay si introdussero nell’ambulatorio senza finestre in cui il medico avrebbe effettuato la visita. Il giudice era un uomo alto e massiccio di settantun anni, che d’abitudine portava gli occhiali appesi a una fettuccia. Adesso però li teneva in mano, mentre sedeva sull’alta poltrona simile a un trono che sovrastava lo sgabello del dottore, con Laurel da una parte e Fay dall’altra.
Laurel McKelva Hand era una donna snella sui quarantacinque anni, con un’espressione pacifica e i capelli ancora scuri. Indossava abiti di buon tessuto e taglio, sebbene il suo completo fosse troppo pesante per New Orleans e vi fosse una grinza sulla gonna. Gli occhi azzurro scuro sembravano insonni.
Fay, piccola e slavata nell’abito dai bottoni dorati, tamburellava il piede calzato da un sandalo.
Era un lunedì mattina dei primi di marzo. Nessuno dei tre viveva a New Orleans.

Foto | Di Anonimo (http://hdl.loc.gov/loc.pnp/ds.07842) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Categoria: Un autore
Giorgio Podestà: Nato in Emilia si occupa di moda, traduzioni e interpretariato. Dopo la laurea in Lettere Moderne e un diploma presso un famoso istituto di moda e design, ha intrapreso la carriera di fashion blogger, interprete simultaneo e traduttore (tra gli scrittori tradotti in lingua inglese anche il premio Strega Ferdinando Camon).

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