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Stefan George e la poesia simbolista

A soli vent’anni Stefan George (1868-1933) già scriveva e pubblicava versi destinati un giorno a essere messi in musica da compositori di primaria importanza e innegabile talento come Arnold Schöenberg. Opere come Eliogabalo o L’anno dell’anima suscitarono, infatti, da subito un grande entusiasmo nella gioventù tedesca.

Chi è stato Stefan George

Nato in una famiglia di fattivi commercianti (il padre gestiva una locanda e faceva proficui affari acquistando e vendendo vino), il giovane poeta preferì alla grigia vita della provincia tedesca, le atmosfere inebrianti e vivaci di Londra e Parigi. Nella Ville Lumière frequentò volentieri i celebri martedì di Stephane Mallarmé, sentendosi fortemente attratto dal simbolismo francese.

Tornato in patria, Stefan George fondò un gruppo letterario (il celebre George-Kreis) che, tra i suoi adepti vantava scrittori del calibro di Friedrich Gundolf. La loro arte viveva però di suggestioni mistiche e temi politici che voltavano recisamente le spalle al Naturalismo. Secondo l’artista, il poeta doveva essere soprattutto vate, andare alla ricerca del sublime, del bello, di tutto ciò che appariva lontano e irraggiungibile.

La traduzione di grandi nomi della letteratura come Dante e Shakespeare danno indubitabilmente la misura della visione alta e squisita del poeta tedesco. La sua critica alla società del tempo, del resto, non partiva mai da basi socio-economiche, ma unicamente culturali.

Considerato da più parti un simbolo della Germania, Stefan George mal tollerava che la sua poesia venisse citata dagli esponenti del Nazionalsocialismo. Aborriva l’idea di una superiorità della razza tedesca. Un’insofferenza crescente che lo portò a trascorrere gli ultimi anni di vita in Svizzera, lontano dalla virata violenta e brutale data del governo di Adolf Hitler.

Una poesia di Stefan George

Qui di seguito La parola, piccolo assaggio del grande talento di Stefan George (traduzione di Alberto Caracciolo).

La Parola

Meraviglia di lontano o sogno
io portai al lembo estremo della mia terra

E attesi fino a che la grigia norna
il nome trovò nella sua fonte

Meraviglia o sogno potei allora afferrare consistente e forte
e ora fiorisce e splende per tutta la marca…

Un giorno giunsi colà dopo viaggio felice
con un gioiello ricco e fine

Ella cercò a lungo e [alfine] mi annunciò:
«Qui nulla d’uguale dorme sul fondo»

Al che esso sfuggì alla mia mano
e mai più la mia terra ebbe il tesoro…

Così io appresi la triste rinuncia:
nessuna cosa è (sia) dove la parola manca

Foto | Sabine Lepsius [Public domain], da Wikimedia Commons

Giorgio Podestà: Nato in Emilia si occupa di moda, traduzioni e interpretariato. Dopo la laurea in Lettere Moderne e un diploma presso un famoso istituto di moda e design, ha intrapreso la carriera di fashion blogger, interprete simultaneo e traduttore (tra gli scrittori tradotti in lingua inglese anche il premio Strega Ferdinando Camon).

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